Da qualche settimana ho iniziato a insegnare Pole Dance.
Oggi vi racconto in prima persona la mia esperienza e il vortice di emozioni che dà l’insegnare Pole Dance.
Chi ha letto un po’ il mio Cv sportivo sa che per me non era la prima esperienza come coach, perché in passato sono stata insegnante di nuoto. Cominciare a insegnare una nuova disciplina è, però, tutt’altro affare.
Nella pole si affrontano movimenti nuovi, diversi rispetto a quelli che si eseguono nelle altre discipline e anche il suo insegnamento ha metodologie didattiche differenti. L’idea di insegnare mi faceva sentire quindi carica ma allo stesso tempo piena di dubbi su come muovermi, interagire, parlare, fare assistenza, correggere, mostrare gli esercizi.
Fortunatamente è partito tutto in maniera molto graduale, grazie alla mia insegnante che, dapprima, mi ha lasciato un po’ di spazio all’inizio delle lezioni, permettendomi di spiegare qualche esercizio di riscaldamento; poi mi ha avviata all’insegnamento tramite un lungo e intenso tirocinio. Nei mesi di preparazione la affiancavo e la osservavo. Mano a mano mi lasciava più autonomia perché prendessi confidenza con il mio ruolo. Prima delle lezioni preparavamo una lista di esercizi che avrei proposto e mostrato alle ragazze; al termine dell’allenamento, invece, discutevamo di come era andata, cosa avevo fatto bene e cosa potevo migliorare.
Programmare gli esercizi della lezione è stata la parte più tosta perché mi sono resa conto di come in precedenza affrontassi gli allenamenti senza dare peso ai passaggi che servivano per arrivare a fare una certa figura: il mio obiettivo da allieva, prima, era solo eseguire correttamente la figura, ma se non mi ricordavo come si facesse c’era sempre la mia insegnante che poteva mostrarmela o dirmi dove mettere le mani o le gambe mentre ero appesa al palo. Da insegnante bisogna, invece, padroneggiarla con totale sicurezza, conoscerne il nome, avere ben chiaro quale braccio e quale gamba vanno spostati e con quale grip va afferrato il palo. Bisogna, non solo saper fare il trick, ma saperlo anche spiegare.
Un esempio? La prima volta che ho spiegato Splash, sono stata ben attenta a sottolineare quale mano stesse sopra e quale sotto e quale spalla fosse appoggiata al palo. Avevo fatto notare questi dettagli mentre stavo eseguendo la figura che avevo provato venti minuti prima della lezione, da sola in palestra, per prepararmi bene a esporre.
Ero molto contenta della mia chiarezza e professionalità. Qualche giorno dopo ho fatto rivedere la figura a delle altre ragazze, ma questa volta ho scordato di marcare la posizione di mani e spalla. Scesa dal palo, il risultato è stato che una delle allieve mi ha giustamente chiesto delucidazioni proprio su questi dettagli. Io non mi ricordavo più se si trattasse di destra o sinistra e ho dovuto ripetere l’esercizio al palo, promettendomi che da quel momento mi sarei preparata sempre scrupolosamente i tricks e le relative spiegazioni. “Da un grande potere derivano grandi responsabilità“, diceva lo zio di Spiderman.
Un altro aspetto che ho dovuto affrontare è stato quello della fatica: i miei allenamenti sono praticamente raddoppiati e sto diventando più forte perché ripeto più volte il riscaldamento, gli esercizi di potenziamento, lo stretching, perché faccio assistenza e perché devo far vedere i tricks ripetutamente. All’inizio è stata dura, ma nel giro di qualche settimana sono diventata capace di reggere diverse ore di training. Adesso quando prendo lezione sono scrupolosa, attenta, motivata e ho tanta sete di imparare cose nuove, sperimentare e perfezionare.
Per accrescere la mia sicurezza, per confrontarmi con altre metodologie didattiche e per aumentare il mio livello di conoscenza sia teorica, sia pratica, mi sono iscritta subito a un corso per Istruttori di Primo Livello, tenuto a Brescia, presso Origine Danza (dove, tra l’altro, ho conosciuto di persona la mitica Enrica Saccone). Elisa Boni, la preparatissima docente, ci ha pazientemente spiegato la meccanica dell’apparato locomotore perché, giustamente, dobbiamo conoscere posizione e funzione dei muscoli per farli lavorare correttamente. Ci ha illustrato come facilitare l’apprendimento delle figure nelle nostre allieve e ci ha dato alcuni suggerimenti per l’impostazione della lezione. Dopo questo corso, ricchissimo di informazioni e spunti, ho immediatamente messo in pratica alcune idee, come per esempio quella di inserire una piccola coreografia negli ultimi 15 minuti di lezione, prima del defaticamento.
Ebbene, grazie alle mie basi di danza, mi sono sentita particolarmente a mio agio in questa fase, ma la soddisfazione più grande è stato l’entusiasmo delle mie allieve che sono uscite dicendomi “Grazie, ci hai davvero dato una gran carica oggi!”.
Un altro dei momenti più belli che ho vissuto in queste ultime settimane è stato quando ho raccontato alla mia insegnante i progressi di una delle mie allieve. Questa signora ha 52 anni, un fisico atletico ed è instancabile. Nel giro di poche lezioni ha imparato a fare tricks che mediamente si imparano in due mesi.
“Hai visto che belle soddisfazioni che ti dà insegnare? Immagina come mi sono sentita io quando sei salita sul podio alla gara!” mi ha risposto la mia insegnante.
Ecco, quando mi ha detto così, è scattato l’abbraccio e quasi, quasi la lacrimuccia! Grazie, maestra, per la pazienza, la passione e la dedizione. Spero che anche le mie allieve un giorno avranno questa stessa stima e gratitudine nei miei confronti. Insegnare non è solo dare, ma è anche ricevere!
Mi piacerebbe sentire la vostra opinione. Se siete coach, come vi sentivate quando avete cominciato a insegnare? Se non lo siete, vi piacerebbe? Cosa pensate si provi?